I governi e le imprese sono impegnati nell’uscire dalla crisi economica e dalla pandemia che mette a rischio la salute della popolazione di tutti i paesi del mondo, tuttavia è questo il momento in cui bisogna progettare il futuro delle nostre società
di Carlo Raspollini

Cosa avrà più importanza per le aziende, le società e il nostro ambiente in futuro? Quando si parla di futuro si ascoltano commenti generici attorno al concetto di una vita migliore da conquistare, di un riequilibrio dei diritti e una maggiore attenzione ai bisogni della gran parte dell’umanità. In realtà sento come un velo di ipocrisia che si stende su tanti buoni propositi. Le aziende si occupano di futuro, per incrementare i propri profitti. La ricerca si occupa di futuro per trovare soluzioni ai problemi della salute e delle innovazioni, per esempio nella tecnologia delle comunicazioni, dei motori, dei trasporti, della moda e della produzione agro alimentare, ma i Governi?
Sarebbe in realtà un loro ambito privilegiato di interesse quello di programmare il futuro di un paese e, ormai appare chiaro, avrebbe più senso parlare di una comunità di paesi. I nostri destini sono interconnessi, le nostre economie e la nostra salute è interdipendente e l’ambiente, se lo vogliamo salvaguardare, dipende da ogni società umana contemporanea e futura. Non avrebbe senso ridurre le emissioni di CO2 in un solo paese o in un solo continente. Ogni risultato positivo si scontrerebbe con il progredire dell’inquinamento degli altri paesi.

Siamo un’unica comunità umana
Non ha quindi senso parlare o progettare a nome di una unica comunità. Non ha più senso, dopo la pandemia, pensare alla salute di un unico popolo. Ciascuno di noi dipende dagli altri. Ciascuno di noi può contribuire al benessere degli altri e dell’intero pianeta.
Molte sono le domande da porsi quando si affronta il tema di progettare il futuro. Una cosa è certa. Che tutto quello che potrà accadere domani dipende dalla progettazione del presente.
La scuola è la base di ogni sviluppo
Alcuni temi sono sul tappeto. La scuola. Tutti sappiamo che dalla istruzione e dalle sue modalità dipenderanno lo sviluppo e le opportunità da cogliere dei prossimi decenni. Stiamo assistendo a una progressiva perdita di importanza dell’istruzione, uno scadimento della preparazione del corpo insegnante, una inadeguatezza dei programmi e della stessa struttura didattica, di fronte ai repentini cambiamenti dei processi produttivi, creativi, strategici dell’industria tecnologica, che stanno cambiando in maniera radicale il modo di apprendere e le stesse materie. Quali sono le professioni del futuro? Come stiamo preparando i nostri ragazzi a quegli impegni? Andrebbe rovesciato il concetto normativo di apprendimento e porre al centro dell’insegnamento il giovane, il singolo, con le sue opportunità da individuare e da valorizzare. La vecchia scuola è morta e la nuova ancora non è nata. L’Italia, rispetto ad altri paesi, ha anche il dovere di ristrutturare il 50% del parco scolastico. Forse da lì bisognerebbe ripartire non per una banale ristrutturazione ma per ripensare l’istruzione alla luce dei nuovi impegni futuri. Le interconnessioni, il ruolo del 5G, internet, i social network, il telestudio, la ricerca, il lavoro in equipe.

Ripensare il ruolo e le nuove opportunità del lavoro
Altro tema fondamentale il lavoro e la sicurezza. Non è più tollerabile la quantità di caduti sul lavoro cui ancora si assiste in Italia ma anche nel resto del mondo. Nella gran parte dei paesi non esistono norme di assicurazione, non si rispettano le norme di sicurezza e il lavoratore non ha alcuna tutela. Anzi sui bassi costi della manodopera spesso si basano i vantaggi di cui godono le economie dei paesi sviluppati. Si delocalizza, si decentra, si destina ad altri il peso delle attività più dure e più rischiose, pur di perseguire alti profitti nella commercializzazione nei paesi sviluppati. In questo non c’è differenza tra regimi, tutti perseguono gli stessi obbiettivi a danno dei più poveri ed emarginati. La forbice tra ricchi e poveri si allarga sempre più invece di ridursi. Questa tendenza, al di là dell’aspetto di ingiustizia sociale, è alla base dell’aumento delle realtà inquinate, dello sfruttamento, della miseria e dell’ignoranza che producono assieme malattie ed epidemie. Epidemie che poi si ritorcono su chi pensava di essersi immunizzato.

Il tempo libero momento di sviluppo ideativo e organizzativo
Sicurezza sul lavoro ma anche come sopperire alla diminuzione del lavoro inteso come pratica manuale. Una tendenza sempre più evidente con l’avanzare della robotica e delle tecnologie che consentono la riduzione del personale. Chi comprerà i prodotti delle nuove attività produttive se aumenteranno i disoccupati? I Governi dovranno avviare un profondo processo di ristrutturazione delle economie per dare a questa massa di “non più impiegati” impegni creativi, impegni organizzativi, nei servizi, nella pianificazione delle vacanze e degli scambi commerciali. Vedo anche ampi spazi nel mondo della produzione agricola non tanto come coltivatori vecchio tipo ma come operatori di un processo di produzione agro alimentare che metta al primo posto la salubrità dei prodotti, rivalutando tecniche tradizionali di coltivazione, da realizzare però con l’avallo e l’aiuto delle tecnologie. Già si applicano nella produzione vitivinicola, dove pochi allevatori possono guidare un processo complesso e molto redditizio. Così come vedo un ruolo importante nell’artigianato e nella piccola impresa familiare che potrebbe dare un enorme impulso alla rinascita dell’economia se solo si intervenisse per liberarla da obblighi fiscali esosi che ne limitano lo sviluppo, limitano l’apprendistato, la obbligano a ristrettezze e a rischi di chiusura. L’impresa artigianale può essere un traino importante anche perché spesso opera nel settore del lusso, un ambito che non ha mai crisi, nel quale l’Italia ha un ruolo storico e riconosciuto nel mondo.

Non assistenzialismo ma indirizzo e valorizzazione della famiglia
Un terzo settore su cui indispensabile è progettare sarà la famiglia. Non si può lasciare sé stante tutta la mole di problematiche culturali, educative, assistenziali che oggi ricadono sulla famiglia. Non solo per i casi di disabilità ma anche per la ovvia educazione dei minori che la famiglia frammentata e bistrattata non può delegare tutta alla scuola, alla comunicazione, alla strada. La famiglia ha bisogno di aiuti economici, aiuti formativi, aiuti di servizi che la sollevino da compiti enormi e che spesso non è in grado di reggere. Dalla progettazione e dall’aiuto che si può dare a questa cellula determinante della società, può derivare gran parte dei successi della società di domani.